26 febbraio 2016

Pane piatto pieghevole

ovvero i chapati di Lutfunessa, come li racconta Jessamyn Waldman Rodriguez, la fondatrice e manager a New York di Hot bread kitchen nel suo libro. Un libro bellissimo, Hot bread kitchen cookbook, in mille sensi, di cui riparlerò di sicuro ma dopo averlo esplorato da cima a fondo.

I chapati di Lutfunessa sono morbidi e lo rimangono, cosa davvero particolare per quel sottile pane indiano senza lievito.
C'è un trucco bengalese e Lutfunessa, allieva del forno/scuola dell'Hot bread kitchen, lo ha regalato a chi le ha regalato un nuovo posto al sole attraverso una formazione retribuita.
Un trucco semplicissimo che ha fatto sì che quei chapati spopolassero tra i clienti del forno. Ora che li ho sperimentati, capisco il perché!
A chi panifica di frequente e magari ha già dimestichezza con i  pani piatti, di primo acchito  le proporzioni acqua/farina potranno sembrare folli. E invece - sempre che non si usi farina bianca - sono perfette.

Per 12 chapati (che a me sono venuti grandi come una mano aperta) :
- 400 ml d'acqua
- 300 g di farina bigia (se di grano, la T80, io di Farro semintegrale) + parecchia altra per la lavorazione   
- 1 cucchiaino di sale
- 2 teli puliti che non sappiano di detersivo
e, possibilmente,un impastatrice, anche poco potente, purché sia. Non escludo che si possa usare il programma impasto di una macchina del pane ma non ho la possibilità di provare per confermarlo. L'importante è che si sveltisca il lavoro, evitando anche  di scottarsi le mani in caso di fretta.
Perché tutto inizia facendo bollire l'acqua in una pentola dalla bocca larga.
Quando bolle forte, si toglie dal fuoco e si versa la farina tutta insieme. E si gira con decisione con un cucchiaio di legno. Verrà fuori un conglomerato piuttosto asciutto e decisamente grezzo.

Si copre la pentola con un coperchio e si lascia in pace almeno un paio di minuti dando il tempo alla farina di idratarsi bene, dopodiché si versa il malloppo nell'impastatrice e si lavora, col gancio e a velocità ridotta, per 4-5 minuti.
Ne esce un impasto soffice e, idealmente, non appiccicoso, che ricorda quello dei biscotti.
Si infarina abbondantemente la spianatoia e anche il mattarello, tenendo altra farina a portata di mano.
Una volta rovesciato sulla spianatoia, l'impasto va lavorato a mano un altro paio di minuti quindi se ne fa un lungo salamotto che si taglia in 12 porzioni (da 57 g l'una dice la ricetta).
Ogni porzione va fatta rotolare sulla spianatoia per farne una pallina poi spianata col mattarello. In cerchi da 5 cm di diametro dice la ricetta. E questo è l'unico punto sul quale dissento. Sarà che i chapati mi piacciono sottili ma a me sono venuti decisamente più grandi.
Niente grassi, neppure in cottura. Man mano che i chapati vengono spianati (mentre gli altri aspettano sotto un telo), si adagiano sulla piastra già bella calda. Uno o due per volta, secondo quanti ne può accogliere la piastra senza che si accavallino.

Tradizione vuole che si girino tre volte:
- 15 secondi per chiudere i pori sul primo lato,
- 45 secondi sul secondo lato,
- 30 secondi di nuovo sul primo lato,
tempi che però dipenderanno molto dalla temperatura della piastra che non dev'essere esagerata per evitare che i chapati presentino zone bruciate, soprattutto in corrispondenza delle bolle. Bolle che si formano perché l'acqua,  trasformandosi in vapore, divide l'impasto in strati all'interno dei chapati. Questo li lascerà morbidi anche una volta sgonfiati. Vederli gonfiare come palloncini fa parte del divertimento.

Però, perché si gonfino bene, pare che si debba evitare di fare pieghe mentre si spianano. Questo non ricordo dove l'ho letto. Forse in Cuccette per signora, il bel romanzo con raccolta finale di ricette, di Anita Nair. Bello, magari lo rileggo. E propongo a Remy di rivedere Lunch box di Ritesh Batra che al cineclub ci era piaciuto proprio tanto.
D'altronde, questa è la quinta ricetta "esotica" della settimana, siamo già nell'atmosfera giusta ;-)  Anzi, se non temessi di esagerare aggiungerei anche una colonna sonora, qualcosa tipo La vie en rose, di Pascal of Bollywood
 
Man mano che sono cotti, i chapati si mettono l'uno sopra l'altro nell'altro telo ripiegato, sopra un piatto o dentro un cesto, secondo disponibilità.
Si mangiano caldi quindi nella maggior parte dei casi riscaldati sulla stessa piastra o in forno a 150°, senza esagerare, a meno che i pani piatti non vi piacciano croccanti anziché pieghevoli.
Una volta freddi, i superstiti si conservano in un sacchetto di plastica a temperatura ambiente per consumarli entro tre giorni. 
Piaciuti moltissimo. 
Kat
P.S. : la prossima sfida sono i paratha ripieni di Richa.    

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1Commenti:

Blogger Elena Bruno ha detto:

Io non compro neanche più il pane, mi sono abituata al pane piatto (adotterò la tua definizione) che preparo tutte le settimane al rinfresco della pasta madre. Interessante il chapati ... e attendo con curiosità l'altra ricetta con la farcitura :-P

26/02/16, 20:01  

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